Chemnitz |
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| Tracklist: 01 Sieged 02 Blind Man 03 Love Will Tear Us Apart 04 Dead Second 05 Drum Machine 06 Unforgiven 07 Toxic Pulse 08 Never Again 09 Silence 10 My Voice 11 I Found You Links: www.culturekultur.comwww.myspace.com/culturekulturSono trascorsi ben cinque anni dall'uscita di "Reborn", un discreto album di onesto futurepop che non fu certo accolto da un rullo di tamburi, visto che le sonorità proposte dai CK stavano conoscendo un periodo di generale declino. Le cose non sono cambiate di molto neppure oggi, ma questo "Spirit" ha un qualcosa di speciale che riesce a scatenare emozioni positive, soprattutto se si nutre un pò di nostalgia verso questo sound che nel tempo si è profondamente evoluto e contaminato. Il duo spagnolo di Malaga è rimasto infatti fermo al palo, proponendoci un disco anacronistico ma di spessore che ovviamente raccomandiamo soltanto a chi ascolta gente come Assemblage 23 o i primi State Of The Union. "Sieged" apre le danze con un mood dominato da una sottile malinconia che non scompare mai durante l'ascolto del cd: è il mood dei Culture Kultür, per ballare sì, ma delicatamente, quasi ad occhi chiusi. Il refrain di "Blind Man" è notevole, così come l'intera track (tra le migliori dell'intero lavoro), prima che arrivi a sorpresa la cover di "Love Will Tear Us Apart" dei Joy Division: i puristi potrebbero gridare allo scandalo, ma per il sottoscritto questa è una rivisitazione maiuscola, assolutamente non pacchiana, oscura quanto basta per poter fare colpo anche in una balera prettamente goth. Se "Dead Second" è synth-pop senza infamia e senza lode, con "Drum Machine" arriva la song più entusiasmante del disco, armata di un ritornello di quelli che difficilmente escono dalla testa, l'ho ascoltata in loop per giorni! La seconda metà dell'opera ci offre un menu decisamente vario: forse "Unforgiven" si poteva evitare, ma per fortuna c'è la perla "Toxic Pulse" che ci riporta proprio all'epoca d'oro del futurepop, grazie ad un refrain solenne e ad un contorno sintetico che sfiora la perfezione. Superata la passabile "Never Again", è il turno della discreta ballata "Silence", prima dell'accoppiata conclusiva "My Voice" (altro episodio ragionato, da ascolto in pieno relax) ed "I Found You", cupa cornice per un ritorno che lascia pochi dubbi sulle qualità artistiche di Josua e Salva Maine, artefici di un sound profondo ma senza grandi pretese, decisamente appetibile per tutti gli amanti della melodia associata ad un'elettronica danzabile dal sapore vintage. Delicati, nostalgici ed intensi, senza sconvolgere nulla.
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